lunedì 5 settembre 2011

Undici




Ne parlo prima di altri, non perchè abbia cose migliori da dire, ma perchè ne ho molte, sono dieci anni che non ne parlo. Non sono un Guru. Non sono un genio. Sento solo il bisogno di dire perchè in dieci anni il mondo è cambiato.

Avevo sedici anni, stavo giocando a calcio al campo dell'oratorio e avevo appena sbagliato l'ennesimo rigore della mia non invidiabile carriera di bomber parrocchiale. Un amico entrò trafelato urlando che un missile aveva colpito una delle due torri. Tutti, da buoni bolognesi, pensammo ad un attacco alla nostra città. Motorini, biciclette, gambe svelte da adolescenti: ognuno raggiunse casa come poteva.

Il tempo, in quegli istanti, era dilatato, minuti come ore. Poi gli occhi nello schermo. La storia in diretta. Il secondo aereo.

La "mela" ferita per sempre e noi con lei.

Quel pomeriggio, l'unica volta in tutta la vita in cui davvero non ho saputo dire nulla, neanche una parola, scoprendomi a piangere, impotente, ad ogni fotogramma, ad ogni agenzia di stampa che andava a delineare lo squarcio nel petto dell'Occidente, tronfio e sazio, imperialista e violento, per chi ha colpito. Occidente, miope, poco lungimirante, disattento ed eccessivamente violento, per noi, che l'Occidente lo abitiamo con spirito critico.

Poi altri due colpi, altri due squarci in una tela vergine.

L'indignazione. Lo sgomento. Il cordoglio. Decine di cowboy col fucile in mano. Decine di colombe macchiate di sangue senza voglia di volare.

In dieci anni il mondo è cambiato. 

Non sa più piangere. Urla. Non sa dare un futuro ai suoi figli. Il vero mostro non aveva la barba. Il vero mostro è nato quel giorno. La paura.

E, oggi, sta vincendo lei.

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